Il lupo


Il lupo non lascia mai indifferenti: lo si può amare fino a farne un idolo, una sorta di entità sovrana della natura e di tutte le altre specie; lo si può odiare fino a farne un simbolo di tutte le forze oscure e i pericoli che l'uomo percepisce nella natura; lo si può discutere, raccontare, temere, difendere, usare come totem, ma è difficile trovare una risposta di indifferenza. Questa speciale relazione, sia in negativo che in positivo, è pura fascinazione. Molti autori hanno analizzato le radici e l'evoluzione di questa fascinazione, un misto di invidia e tentativo di emulazione, almeno per gran parte degli uomini fino all'avvento dell'agricoltura: La fascinazione resta anche per qualcosa che si odia visceralmente, come da parte di quanti soffrono gli attacchi del lupo al bestiame domestico o, nei secoli passati, anche all'uomo stesso. Oggi, tutto quel turbinio di reazioni emotivamente violente verso il lupo è ancora forte e vitale, a malapena stemperato da un po' di razionale conoscenza scientifica. Credo che la ragione prima di questa fascinazione sia la sostanziale identità di molti tratti ecologici e biologici tra l'uomo e il lupo: la vita sociale, la famiglia, il territorio, la caccia, la gerarchia, le strategie di gruppo, i rapporti di forza tra branchi adiacenti, l'allevamento della prole, la flessibilità ecologica che li fa vivere nei deserti come nelle foreste cacciando di tutto. Si potrebbe parlare per ore di lupi o di uomini usando esattamente le stesse parole. Anche noi zoologi che studiamo il lupo e cerchiamo di trasformare la sua biologia in freddi numeri e statistiche non riusciamo ad evitare il coinvolgimento emotivo, la fascinazione, appunto.

Luigi Boitani, in "Il lupo" di Francesca Marucco

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